mercoledì 3 ottobre 2012

Le ricette della Locanda Senio Palazzuolo sul Senio

Bracioline di maiale di Cinto delle Panare ai frutti dell'autunno
La preparazione base del maiale rimane la stessa dal mese di settembre al mese di dicembre. Mentre, mese dopo mese, cambia la scelta dei frutti: a settembre tocca alla melagrana e alle corniole; ad ottobre ritocca alla melagrana e alle castagne; nei mesi di novembre e dicembre è il turno del prugno selvatico o prugnolo e delle meline spontanee.
Le parti del maiale, Cinto delle Panare, interessate alla ricetta sono un po' tutte, in particolare risultano indicate il lombo e i prosciutti, anteriore e posteriore, dai quali si ricavano le bracioline.
Per 4 commensali, indicativamente servono: 4 bracioline, olio extravergine di oliva; sale e pepe; 1 bicchiere di vino rosso asciutto; 20 prugnoli. In alternativa e singolarmente considerati gli altri frutti: 20 corniole oppure 4 meline selvatiche oppure 1 melagrana di media grandezza; infine le castagne che non fanno propriamente parte dei frutti dimenticati.
In una padella, a fuoco vivo, si versa sufficiente olio e si mettono a rosolare leggermente le bracioline. Quando si voltano, si regolano di sale e pepe appena macinato.
Al termine della cottura, mantenendo il fuoco vivo, si mettono i frutti dimenticati, prescelti di volta in volta in successione da settembre a dicembre, lavati e al naturale nel caso di corniole o prugnole; tagliate a fettine o a pezzettini nel caso delle meline selvatiche; il succo della melagrana sgranata e spremuta (come si fa per gli agrumi in genere) nel caso appunto della melagrana.
Indi si bagna il tutto con un bicchiere di vino rosso di medio corpo (per capirci un Sangiovese di Romagna doc superiore maturato 1-2 anni oppure un Chianti corrente nella versione normale e non riserva); si lascia sfumare e raddensare la salsina.
La cotture provocando lo sbriciolamento della polpa dei prugnoli o delle corniole, consentirà di eliminare agevolmente i relativi noccioli.
Su ogni piatto la braciolina sarà servita con la salsa spalmata sopra e la guarnizione di un frutto fresco per evidenziare cromaticamente l'utilizzo del frutto protagonista. Il piatto può essere completato con un contorno di stagione: fritto, cotto al forno, in sformato, padellato o proposto in altro modo. Quali? Patate novelle di montagna; funghi; carciofi; cavolfiori; finocchi gratinati o altri a piacere.

Prosciutto di maialino delle Panare alla Ubaldini
Per 4 commensali vengono scelte o la spalla o la coscia disossata del Cinto, considerando indicativamente 2 etti a persona.
Per la cottura serviranno altresì strutto ottenuto dallo stesso maiale; ovviamente sale e pepe; 1 melagrana; 1 etto di marroni crudi e sbucciati. La cottura avviene al forno. La parte del Cinto prescelta e disossata, viene regolata di sale e pepe, poi arrotolata assieme alla rete del maiale e fissata con lo spago da cucina.
In una teglia da forno si mettono con lo strutto necessario, la carne e i marroni pelati e si mette nel forno per una cottura di circa 40 minuti, rivoltando di tanto in tanto. Verso fine cottura si bagna con il succo della melagrana (logicamente sgranata e spremuta) e si lascia concludere la stessa cottura per ulteriori 10 minuti circa, sfumando con vino rosso asciutto di medio corpo. Prima del servizio in tavola, tolta la carne, si passa al passaverdure il fondo di cottura e la salsina ottenuta si aggiunge alle fettine di arrosto sul piatto.
Un contorno appropriato è rappresentato dallo sformato di cavolfiore. Questo si ottiene dall'ortaggio, bollito e passato nel mixer assieme a besciamella, parmigiano grattugiato e uova sbattute. Il composto ben amalgamato si mette negli stampini imburrati e spolverizzati con pane grattugiato e si cucina nel classico modo a bagnomaria nel forno.
 In analogia, si può preparare la stessa carne con altri frutti: corbezzolo, pere volpine ad esempio, ma anche altri a piacere e secondo disponibilità, esperienza, ricerca e creatività. La regola di provare e riprovare ricette può dare risultati sorprendenti, appaganti, di notevole suggestione.
Roberta ed Ercole Lega ne sono interpreti come pochi. In analogia sul versante delle carni, si possono preparare le parti più tenere e nobili (come lombo e coscia) di certa selvaggina da pelo come cinghiale e capriolo. La sola differenza trattandosi di carni rosse, maggiormente strutturate riguarda il vino prescelto, che sarà altrettanto strutturato e corposo, in versione riserva, sia nella ricetta per sfumare le carni che nell'abbinamento in tavola.

Insalatina aromatica con le erbe di campo e officinali
Si tratta di un eccellente contorno che può accompagnare secondi piatti di spessore come quelli sopra descritti. nel contempo rappresenta un delizioso antipasto e un modo assai accattivante di iniziare un pranzo. L'insalatina si può variamente preparare dal mese di aprile a quello di ottobre a seconda della effettiva disponibilità delle erbe fresche.
L'elenco antologico - non esaustivo per carità - comprende radicchi di campo, insalatine (la ricciolina mi raccomando!) varie e rigorosamente stagionali, foglioline di stridoli o strigoli, valerianella, rucola selvatica, pimpinella, timo, origano fresco e altre.
L'insalatina viene condita con olio extravergine di oliva, sale, poco pepe (ma anche niente), evitando opportunamente di ricorrere all'aceto che prevaricherebbe creando sovrapposizioni alle freschezze o alle fragranze delle erbette, sopratutto nella piena stagione calda.
Tuttavia l'insalatina può essere piacevolmente arricchita, man mano che passano i mesi. Ad esempio ad aprile si può caratterizzare con i tradizionali bruciatini all'aceto di pancetta fresca di Cinto delle Panare. In estate si può rallegrare con patatine a dadetti delicatamente fritte. A settembre si può guarnire con corniole ben mature, unite all'insalatina mista e con essa mangiate. Successivamente l'insalatina può essere sublimata con grani, ben maturi s'intende, di melagrana, conferendo suggestioni agli occhi e al palato.

Primi piatti e frutti dimenticati
Dall'esperienza di Roberta ed Ercole Lega è uscita la conferma che i frutti dimenticati in genere, non si adattano alla prepa-razione dei primi piatti, in quanto il loro peculiare sapore aspro e/o dolciastro altera fortemente gli equilibri e i sapori del piatto.
Una soluzione accettabile (che rappresenta comunque una eccezione) è data dalla ricetta delle Tagliatelle ottenute con farina di castagna (al 30%) e bianca (il restante 70%), condite con un sugo a base di carni miste, grossolanamente macinate, del maiale Cinto delle Panare, nella cui preparazione non si ricorre al pomodoro (in quanto il piatto ha radici anteriori all'arrivo storico del pomodoro).
Per ingentilire il sugo suino nella preparazione si ricorre al contributo di meline selvatiche sminuzzate o affettate, immesse nel tegame verso la fine cottura. Il loro apporto è appena percettibile, considerati gli equilibrati sapori delle carni.
Le meline offrono nel contempo dolcezza ed asprezza, per cui anche la piccola quantità offre risultati significativi. Va ricordato che nell'antica ricetta l'apporto delle meline selvatiche era maggiore e assai più caratterizzato e compensava la carenza delle carni, non solo fresche, ma anche conservate e quindi forti di odori e spezie. Passiamo ora ai dolci.

Frittelle di mele selvatiche
Servono: 1/2 Kg di meline selvatiche; 1 bicchiere di grappa o ancor meglio di distillato di mele; 200 gr di farina bianca per dolci; 2 uova; 1/2 cucchiaio di zucchero semolato; 1 bicchiere di latte fresco; 1 pizzico di sale marino; zucchero a velo q.b.; olio extravergine di oliva q.b. Procedimento: alle piccole mele, lasciate intere, viene tolto il torsolo, poi vengono tagliate a fettine dello spessore di 1 cm circa.
Queste vengono poi collocate in un contenitore a bagnarsi nel distillato prescelto. A parte, ricorrendo agli ingredienti di cui sopra, si prepara la pastella, non troppo densa, lasciandola riposare per circa mezzora. Indi le fettine di mele, bagnate dapprima nella pastella, vengono fritte in abbondante olio extravergine di oliva.
A fine cottura, ben scolate e posate su carta assorbente, vengono spolverizzate con zucchero a velo. Una variante che ci viene dalla tradizione più povera, quando lo zucchero rappresentava una pregevole rarità, è quella di ricorrere, in sostituzione dello zucchero, a miele piuttosto dolce, di acacia o di millefiori, conferendo una maggiore ricchezza naturale di dolcezza, fragranze e profumi, che esplodono sulle fettine di mele ancora calde e pronte ed essere degustate.

Crostata di marmellate ai frutti dimenticati
Per la base della crostata servono: 500 gr di farina per dolci; 2-3 uova; 1 bustina di lievito; 100 gr di strutto di Cinto delle Panare; 200 gr di zucchero semolato; eventualmente un po' di marmellata ottenuta dai vari frutti.
Procedimento. Si impastano gli ingredienti (compresa un po' di marmellata, anche se ciò può suscitare qualche perplessità); la pasta ottenuta viene immessa in una teglia da forno e guarnita con la (o le) marmellata prescelta tra le varie ottenute dai frutti dimenticati. In proposito precisiamo che le marmellate più correnti si ottengono via via dai lamponi, more di gelso (in verità quasi introvabile), corniole, mele selvatiche (e menta), dalle cotogne.
La base della crostata con la marmellata prescelta viene cotta al forno (sui 250¡) in tempi che variano secondo lo spessore della crostata stessa, comunque verificabili con il classico stecchino. Con un dolce simile si possono abbinare (non al momento della colazione del mattino, ma al dessert) e servire in degustazione motivata, i liquorini ottenuti dagli stessi frutti.

Liquori
Come accennato si possono ottenere da tanti frutti dimenticati, ma limitiamoci in questo frangente ai liquori, di more di gelso, corniole, prugnoli, lamponi.
Approfondiamo quello piuttosto singolare e raro ottenuto dalle more di gelso. Gli ingredienti sono: 400 gr di more di gelso; 0,400 l. di buon alcol; 250 gr di zucchero semolato; 6 chiodi di garofano; 1 cm di cannella.
Per questo liquore si segue peculiarmente il metodo della macerazione a freddo. In un vaso ermetico, ove si è versato l'alcol, si immettono anche tutti gli altri ingredienti elencati, e si lascia il vaso al sole finchè non si è completamente sciolto lo zucchero (indicativamente per 60 giorni circa), scuotendo di tanto in tanto il vaso.
Una volta perfettamente sciolto lo zucchero, il vaso viene collocato in cantina o in dispensa per altri 60 giorni.
Quindi si procede alla filtratura e si lascia affinare per almeno 6 mesi, ma sarebbe molto meglio protrarre tale periodo per circa 1 anno.
Anche con gli altri frutti il procedimento rimane il medesimo.
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