E' stato con entusiasmo e trasporto dell'anima che ho affrontato questa ricerca gastronomica sui frutti dimenticati.
La raccolta è stata coinvolgente (molti colleghi me l'hanno invidiata!) emozionante, lungo un consapevole e ricco viaggio attraverso il territorio collinare della Valle del Senio.
La proposta che ne è complessivamente scaturita è degna, a mio parere (anche se può essere ulteriormente arricchita), d'essere riproposta alla gente comune, ad altri ristoratori, a titolari di agriturismi (crescono come funghi e c'è da sperare che esprimano la cultura gastronomica del territorio), a massaie, a gastronomi, operatori del settore, appassionati, a semplici curiosi, perché ognuno nella sua realtà possa (se vuole e se ne è motivato o stimolato) recuperare le ricette e con esse la cultura dei frutti dimenticati e riviverla anche in tempi moderni, attuali, piacevoli, conviviali.
Ambizioni troppo pretenziose? Può darsi.
Ma nella mia esperienza di giornalista-gastronomo, in questi anni ho gioiosamente toccato con mano il "Rinascimento" gastronomico legato alle erbe officinali e a tutt'oggi solo in parte legato ai frutti dimenticati.
Oggi da questi frutti, riproposti alle Sagre autunnali in quantitativi piuttosto interessanti, come da molti prodotti di queste colline, si possono creare piatti via via curiosi, accattivanti, stagionali, particolari, evoluti, creativi, semplici, digeribili, suadenti, emozionanti, parsimoniosi, fantasiosi, significativi, di ricerca, riscoperti, peculiari, saporosi, di apprezzabile cromatismo, delicati, naturali, esemplari, mai banali, comunque espressione civilissima di un bacino culturale da tutelare e promuovere, anche economicamente.
Nell'economia contadina e collinare di un tempo, ogni conta-dino curava una serie di frutti selvatici e non, o che inselvatichivano.
Si trattava e si tratta di frutti cosiddetti dimenticati, in quanto non raccolti perché non più apprezzati, importanti nella civiltà contadina e montanara, che con la caduta di queste civiltà hanno perso gran parte del loro valore.
Si tratta di piante che passeremo in rassegna nella presente ricerca. Non mancano una schiera di amatori, ma anche di operatori del settore agricolo e agrituristico, che ne hanno riscoperto,con affetto e spirito di ricerca, il perduto ruolo gastronomico ed economico, non più legato alla sopravvivenza, ma al piacere sottile e raffinato della tavola.
Ringrazio le tante persone che ho incontrato e ringrazio tutti i professionisti che mi hanno regalato il loro sapere ed esperienze, la loro collaborazione e i loro contributi, su una materia in gran parte ancora da socializzare; professionisti che sul territorio propongono una buona ed eccellente cucina ai frutti dimenticati (che in certe realtà dimenticati non sono più).
Il mosaico emerso è lo specchio, effettivo e qualificato, sicuramente perfettibile ed integrabile, della cucina ai frutti dimenticati che bravi ristoratori locali già offrono agli ospiti della Vallata del Senio. Graziano Pozzetto
La raccolta è stata coinvolgente (molti colleghi me l'hanno invidiata!) emozionante, lungo un consapevole e ricco viaggio attraverso il territorio collinare della Valle del Senio.
La proposta che ne è complessivamente scaturita è degna, a mio parere (anche se può essere ulteriormente arricchita), d'essere riproposta alla gente comune, ad altri ristoratori, a titolari di agriturismi (crescono come funghi e c'è da sperare che esprimano la cultura gastronomica del territorio), a massaie, a gastronomi, operatori del settore, appassionati, a semplici curiosi, perché ognuno nella sua realtà possa (se vuole e se ne è motivato o stimolato) recuperare le ricette e con esse la cultura dei frutti dimenticati e riviverla anche in tempi moderni, attuali, piacevoli, conviviali.
Ambizioni troppo pretenziose? Può darsi.
Ma nella mia esperienza di giornalista-gastronomo, in questi anni ho gioiosamente toccato con mano il "Rinascimento" gastronomico legato alle erbe officinali e a tutt'oggi solo in parte legato ai frutti dimenticati.
Oggi da questi frutti, riproposti alle Sagre autunnali in quantitativi piuttosto interessanti, come da molti prodotti di queste colline, si possono creare piatti via via curiosi, accattivanti, stagionali, particolari, evoluti, creativi, semplici, digeribili, suadenti, emozionanti, parsimoniosi, fantasiosi, significativi, di ricerca, riscoperti, peculiari, saporosi, di apprezzabile cromatismo, delicati, naturali, esemplari, mai banali, comunque espressione civilissima di un bacino culturale da tutelare e promuovere, anche economicamente.
Nell'economia contadina e collinare di un tempo, ogni conta-dino curava una serie di frutti selvatici e non, o che inselvatichivano.
Si trattava e si tratta di frutti cosiddetti dimenticati, in quanto non raccolti perché non più apprezzati, importanti nella civiltà contadina e montanara, che con la caduta di queste civiltà hanno perso gran parte del loro valore.
Si tratta di piante che passeremo in rassegna nella presente ricerca. Non mancano una schiera di amatori, ma anche di operatori del settore agricolo e agrituristico, che ne hanno riscoperto,con affetto e spirito di ricerca, il perduto ruolo gastronomico ed economico, non più legato alla sopravvivenza, ma al piacere sottile e raffinato della tavola.
Ringrazio le tante persone che ho incontrato e ringrazio tutti i professionisti che mi hanno regalato il loro sapere ed esperienze, la loro collaborazione e i loro contributi, su una materia in gran parte ancora da socializzare; professionisti che sul territorio propongono una buona ed eccellente cucina ai frutti dimenticati (che in certe realtà dimenticati non sono più).
Il mosaico emerso è lo specchio, effettivo e qualificato, sicuramente perfettibile ed integrabile, della cucina ai frutti dimenticati che bravi ristoratori locali già offrono agli ospiti della Vallata del Senio. Graziano Pozzetto