mercoledì 3 ottobre 2012

Corniolo nella gastronomia

Arboscello cespuglioso perenne, della famiglia delle cornacee, il cui fusto legnoso può giungere fino ai 5 metri, molto ramificato; spogliante, spontaneo, abbastanza comune, vive in zone della fascia collinare e montana, temperate, soleggiate e anche fredde; pianta tipicamente settentrionale, più rara man mano che ci si sposta al Sud. Cresce per disseminazione selvatica; la precoce e bellissima fioritura (ma anche per i frutti) ne consigliano la coltivazione ornamentale al limitare di un giardino o di un orto, selezionando le piante da un vivaista.
Il corniolo ama il sole, ma vive anche all'ombra, non gradisce terreni asciutti, fruttifica annualmente, il frutto non è molto apprezzato, comunque conteso dagli uccelli. Ha foglie ovali e caduche; fiori gialli e piccoli, raccolti ad ombrello, tra i primi a fiorire in collina (già a febbraio!), caratteristica che contribuisce fortemente a identificarlo tra gli alberi dei frutti dimenticati e non.

I frutti sono drupe rosse, ovali e grandi come olive dette corniole, lunghe circa 2 cm; risultano morbidi e di colore violaceo se raccolti maturi a fine estate; di sapore acidulino e tannico, fresco e gradevole, vengono per lo più consumati freschi; se ben maturi quando cadono spontaneamente possono per lo più risultare gustosi. Per esserlo non è sufficiente che siano rossi, anzi il colore dovrà divenire più violaceo e ancor più lucente; la struttura più morbida, il frutto più succoso e meno acidulo.
Normalmente le corniole più mature e saporose sono quelle che si raccolgono a terra, ove i frutti ben resistono alle marcescenze e agli attacchi dei parassiti. Il momento migliore coincide con i giorni di fine agosto e d'inizio settembre.
Come utilizzare le corniole
Negli ultimi decenni il loro utilizzo è stato generalmente soverchiato da altri frutti dimenticati, d'uso più immediato e più ricchi di dolcezza. Possono essere destinate a marmellate. La marmellata, preparazione tipicamente collinare, obbligatoria ed inevitabile, zucchero in dispensa permettendo, si ottiene cucinando le corniole nel vino unitamente ad alcune meline selvatiche e a scorza di limone non trattato.

Una volta divenuto poltiglia, il composto viene schiacciato e ne vengono eliminati i noccioli. La polpa ripulita si mescola a zucchero, nella quantità del 50% del suo peso e si mette a raddensare sul fuoco unendo alla fine succo di limone e cannella in polvere o altre spezie a piacere come chiodi di garofano e anice stellato. Ma si ottengono anche gelatine, bollendo i frutti, setacciandoli ed eliminando i noccioli, indi unendo ugual peso di zucchero, infine si provvede a raddensare sul fuoco e ad invasare a prodotto caldo.
Le gelatine, un tempo, erano molto apprezzate nel confezionamento di dolci casalinghi. Se ne ottengono altresì sciroppi, bevande, il "vino" omonimo, si conservano sotto spirito oppure sciroppate nello zucchero. Nell'evoluta tradizione mitteleuropea, dalle corniole si ricava una salsa per bolliti e cacciagione. Lo studioso e scienziato naturalista Ennio Lazzarini suggerisce come ottenere una salsina da abbinare a carni e a pesci lessati, tra quelli più grassi come sgombro e cefalo.
Le corniole si mettono sotto sale (come si fa per le olive) quando non sono ancora interamente mature (altrimenti si spappolano) con aromi (finocchio selvatico e buccia di limone). Si gustano quale contorno, caratterizzato dal sapore astringente che si armonizza bene con la componente grassa del pesce o della carne, lasciando la bocca pulita dopo ogni boccone.
In proposito molto utile la scelta appropriata del vino: bianco dell'ultima annata, tuttavia di buon corpo e vivacità. Pochi sono coloro che cercano questo frutto con autentico interesse. Ma altro c'è da dire a proposito di questo frutto.
Il suo gusto è abbastanza dolce, con retrogusto acidulino, dissetante, gradevole da gustare in occasione di escursioni nei boschi delle nostre colline. La corniola contiene vitamine, zuccheri, mucillagini, acido malico, esprime astringenze delicate. Un tempo, non troppo lontano, le corniole raccolte ancora rosse, piuttosto immature, venivano collocate in un recipiente a completare la maturazione. Una volta ammorbidite ed annerite, venivano semplicemente cucinate in poca acqua e se la mensa lo permetteva, con un po' di zucchero (al fine di mitigare l'astringenza), apprezzate infine per il profumo e il sapore ingentilito e reso gradevole.
Una usanza montanara e contadina, non nostrana ma alpina, prevede la macerazione delle corniole per 3-4 settimane circa, in un buon e robusto aceto di vino. L'aceto risulterà arricchito di sapori e aromi che lo renderanno adatto a condire verdure lessate (soprattutto patate) mentre le corniole macerate sono ottime quale contorno a preparazioni di carne, per bolliti e arrosti di cacciagione da penna.

Ricette proposte
Concludiamo proponendo, tra le varie (ad esempio una odierna ricetta lombarda ed altre del XV secolo) salse, le seguenti:
Salsa di corniole I:
Quale componente base serve mosto di uva bianca selezionata, ridotto, secondo tradizione, di 2/3 dalla prolungata cottura. Prima di immettere nel paiolo le corniole, occorre non solo lavarle, ma eliminare pazientemente i noccioli, operazione che può essere agevolata da una breve sbollentatura del frutto. La polpa quindi si unisce al mosto con il relativo sciroppo di cottura e si lascia cucinare per circa mezz'ora, regolando di sale e pepe. Questa salsa più caratterizzata di ogni altra, è in grado di sostenere l'abbinamento con piatti di cacciagione da penna e con selvaggina da pelo.
Salsa di corniole II:
Servono: 2 Kg e mezzo di corniole, 1 Kg di zucchero, 1 limone non trattato, 1 litro di acqua. Una volta lavate e lasciate intere, le corniole si mettono a cucinare in una pentola, per un paio di ore, nell'acqua arricchita dalla scorza di limone sminuzzata. Conclusa questa fase le corniole si lasciano raffreddare e si passano al setaccio. La polpa ottenuta viene passata in una casseruola unitamente ad una quantità di zucchero di metà peso (all'incirca 1 Kg). Tale composto viene fatto bollire per 5-6 minuti, indi lasciato raffreddare, viene invasato e brevemente sterilizzato nel modo consueto, per la conservazione. A tavola si propone con i bolliti.

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