Storia
Il frutto è costituito da una drupa con mallo polposo verde, noce ossea ovale di due valve ed all'interno due semi coperti da pellicola color nocciola.
Secondo il Mattioli "Chiamansi le Noci da Latini Iuglandes, cioè ghiande di Giove. Più veramente sono le spetie delle noci differenti di forma, di scorza, di durezza, e di sapore, quelle sono le migliori, che sono lunghette, e fragili con bianco guscio, e con il nucleo separato, dalla scorza, e al gusto ben dolci.
La parte poscia che si mangia, è oliosa: dalla quale si cava benissimo l'olio: ma tirasi molto meglio dalle Noci vecchie spremendole, overo lambiccandole. Le noci secche sono costrettive, ma le verdi, e fresche non dimostrano facultà alcuna oliosa, ne costrettiva.
Digerisconsi le noci meglio che le nocciuole, e sono più utili allo stomaco, e massime mangiate insieme con i fichi.
La onde dissero alcuni medici, che chi mangia amendue questi frutti con ruta da digiuno, poco però avanti al cibo, s'assicura dal troppo nocumento de i veleni.
Le fresche più si convengono à muovere il corpo, che le secche: percioche meno costringono. Condisconsi le verdi, avanti che s'indurino, in zucchero, overo in mele: le quali sono poscia utili allo stomaco, e aggradevoli al gusto".
Il Castelvetro, a proposito delle noci, propone ed esalta l'agliata, un pesto di noci secche, aglio, pane bagnato nel brodo e pepe, e "s'usa poi dagli uomini più regolati di mangiar tal salsa con la carne fresca del porco, come antidoto contro la rea qualità di cotal carne, e con le oche, pur poco sano cibo. Usano ancora di coprirne i piatti di maccaroni e sopra le lasagne, che son grossi mangiari di pasta". Il gheriglio della noce è un alimento quasi completo, con calorie pari alla carne, ma inadatto agli stomachi deboli e cagionevoli.
Una preoccupazione che non avevano i braccianti e i contadini romagnoli i quali, d'abitudine, se ne cibavano durante tutto l'inverno e, in particolare, facevano colazione con pane fresco e noci, come ricorda un proverbio riportato nella prima parte, e come non pochi fanno ancora nella valle del Senio.
Per sottolineare il potere nutritivo del gheriglio, in contrapposizione alla mancanza di interesse che riveste il guscio, si paragonava il viver di nulla al Viver d'gos d'cocla. In questo quadro il famoso indovinello sulla noce già riportato nella prima parte (Ho una madiettina piccola piccola:/ ci stanno quattro tierine di pane) non cela solo l'immagine del frutto, ma anche tutto il suo valore nutritivo. Per la sua importanza alimentare, al pari della castagna, la crescita delle noci era seguita passo passo, secondo scadenze fissate dal calendario liturgico.
A cominciare dal momento in cui legano le noci, fissato tradizionalmente in corrispondenza del tre maggio: S'e piov e dè d'Santa Cros,/ è va falì al nos (Se piove il giorno di Santa Croce,/ non legano le noci). La seconda scadenza era in luglio, perché: Ad lôi,/ ogni nus la fa è garôi (In luglio,/ ogni noce fa il gheriglio). Per San Lorenzo, 10 agosto, la noce era finalmente matura: Par San Lurenz la cocla t'la pô stachè,/ parchè l'è fata da magnè (Per San Lorenzo la noce la puoi staccare,/ perché è matura per essere mangiata).
Mangiare la primizia rappresentava un atto di devozione, oltre che un piacere: Se e dè d San Lorenz è garoj t'magnaré/divuzion t'aquisterè (Se il giorno di San Lorenzo mangerai il gheriglio/ devozione acquisterai).
La raccolta delle noci durava poco più di un mese, in quanto doveva concludersi il 14 settembre, anche questo dedicato alla Santa Croce.
Sentenziavano infatti due proverbi: "Per Santa Croce/ la pertica sul noce" e "Per Santa Croce/ pane e noci". Un cosi stretto rapporto tra contadini e noci non poteva non riflettersi negli indovinelli. Basti ricordare: Verde verde com'è la verdura,/ e venti e acqua non mi fan paura,/ s'a m'chêv e mi vstì da dôs/ la pèl l'avânza dura com l'ôs (Verde verde come è la verdura,/ venti e acqua non mi fan paura,/ se mi tolgo il mio vestito di dosso/ la pelle resta dura come l'osso).
La noce era un tempo considerata simbolo di natività e quindi a larga mano profusa nelle nozze. Per questo ha assunto anche il significato di abbandono della infanzia: i giovani sposi che il dì delle nozze buttavano noci al popolo, annunciavano tacitamente che da quel giorno avrebbero abbandonato i giochi dell'infanzia, in molti dei quali si usavano le noci.
In cucina le noci entrano in molte preparazioni salate e dolci, in salse, conserve, e liquori, il più famoso dei quali è il nocino, prodotto con le noci acerbe raccolte la mattina di San Giovanni, quando sono ancora bagnate della rugiada caduta durante la magica notte del 24 giugno. Per l'elevato contenuto di vitamine e minerali, le noci sono indicate nella adolescenza, convalescenza e gravidanza, contro l'anemia e il rachitismo, mentre sono controindicate per i malati di reni e per gli obesi. Inoltre attivano la circolazione del sangue e rinforzano le vene ma spesso possono risultare poco digeribili.