mercoledì 3 ottobre 2012

Nocciola

Storia


Frutto con cupola verde, guscio duro e seme polposo dolce, da consumarsi allo stato fresco e secco o tostato da tavola. "Le nocciuole - scrive Pietro Andrea Mattioli - le quali alcuni chiamano Avellane, e alcuni Nocelle furono anticamente chiamate Pontiche.
Sonuene delle domestiche delle lunghe, e delle tonde; ma più gentili assai al gusto sono le lunghe, e massime quelle che nel guscio rosseggiano, e son fragili da rompere. Maturansi le lunghe assai più tardi, che non fanno le tonde.
Il perché sono piene, più dense, e più mature; e si conservano più a lungo. Aumentano le nocciuole la cholera, e mangiandosene copiosamente generano la dissenteria, non di  mento trite e bevute con acqua melata giovano alla tosse, e bevute con un poco di pepe maturano il catarro.
La cenere delle abbrusciate insieme con il guscio incorporate con grascia di porco ò d'orso, fanno rinascere i capelli, che cascano.
Scrivono alcuni, che la cenere de gusci incorporata con oglio, e applicata alla fronte à i fanciulli, che hanno gli occhi bianchi, li fa diventare neri. è stato sperimentato, che toccandosi le serpi con una vergella di Nocciuolo restano stupide, e finalmente si muoiono, il che non debbe far maraviglia sapendosi che le nocciuole mangiate con fichi e ruta vagliono contra i veleni, e i morsi de gli animali velenosi.

Vale l'oglio cavato dalle nocciuole non poco à dolori delle gionture". Dal punto di vista alimentare ecco il parere di Giacomo Castelvetro: "Le nociuole lunghette sono le migliori; e d'alquanti anni in qua gli speziali ne coprono quantità di zucchero in luogo delle mandole, e riescono buone. Secche poi se ne conservano assai da mangiare lo 'nverno e particolarmente per la quadragesima (Quaresima).
Il suo frutto tanto verde quanto secco è molto grato alla bocca, ma tien nondimeno esser di malagevole digestione e non punto buono per li catarrosi; ma ogni cosa è sana all'uomo sano". Non sempre però il frutto corrisponde al suo involucro, come ricorda il già citato detto popolare, che ammonisce: L'è la fôla dla bèla avulâna;/dâtre l'è brotta e fôra l'è sana (è la favola della bella avellana;/ dentro è brutta e fuori è sana).
Sono frutti consumati fin dall'antichità e per i contadini romagnoli hanno rappresentato una fonte di sostentamento importante: sono infatti molto energetiche, ricche di proteine vegetali e zuccheri, ottimi sostitutivi della carne.

Una "dispensa" a cui si poteva attingere per tutto l'inverno grazie alla loro facile e lunga conservazione: forse nasce dal rapporto tra la disponibilità di una fonte energetica durante il riposo invernale e la nascita di figli la credenza che legava nocciole e nascite: "Annata di noccioli, manata di figlioli".
Altri individuano questo rapporto nella conformazione della avellana che è come un bambino, racchiuso nell'alvo materno per cui viene identificata come simbolo di natalità. In cucina le nocciole vanno in ripieni e salse per il pollo, unite ai frutti di finocchio.
Le nocciole sono raccomandate per i diabetici e, se tostate, sono più appetibili e digeribili. Nell'uso esterno, la pasta di nocciole rende la pelle liscia, mentre l'olio entra in creme emollienti e nutrienti per pelli secche ed avvizzite.